Le prime voci: i pionieri della radio


Si vuole, parlando dei pionieri della radio, citare coloro (o una parte significativa di essi!) che ebbero un ruolo fondamentale nella nascita e per lo sviluppo del mezzo radiofonico intorno agli anni '20. La radio stava prendendo piede nella società diventando man mano lo status symbol della famiglia moderna: la stessa che andava al cinematografo e leggeva il Radiocorriere. Si legge da quest'ultimo che il genere preferito per l'ascolto fosse quello leggero, caratterizzato da numerosi sketch: basti ricordare voci del calibro di Nunzio Filogamo o di Vittorio De Sica ed Eduardo De Filippo per comprendere come quell'allora "scatola sonora" stesse trasformandosi in una "scatola d'arte", punto di partenza per molti artisti tra cantanti, attori, umoristi, musicisti e letterati.

Tra le prime voci che divennero familiari al pubblico radiofonico bisogna citare il poeta Luciano Folgore con Il grammofono delle verità, Cesare Zavattini con la famosa serie Parliamo tanto di me, Achille Campanile e Toddi (pseudonimo di Pietro Silvio Rivetta) con Il mondo per traverso. Sono loro i pionieri di un nuovo genere che combina linguaggio parlato e musicale con tono umoristico.
Trasmissioni semplici, ma innovative: a tal proposito non si può non ricordare il primo programma radiofonico, "I quattro moschettieri", abbinato ad un concorso a premi sponsorizzato dalla Buitoni e dalla Perugina e basato sulla raccolta di figurine dei personaggi della trasmissione, ideato da Angelo Nizza e Riccardo Morbelli (uno dei sodalizi più celebri nella storia della radio) nel 1936. La raccolta di figurine che si trovavano nei prodotti ed il completamento della collezione permettevano di ritirare i premi in palio, tra cui un libro della serie, un radiofonografo, una moto e una racchetta da tennis ma, con 150 album, si aveva il diritto di vincere una Fiat Topolino, da poco sul mercato, lanciata dalla casa torinese.

Ci si accorge delle potenzialità della radio come campo fertile per poter produrre e sperimentare nuovi generi ed è così che per la prima volta si parla di radioteatro con "L'anello di Teodosio", breve azione drammatica di Luigi Chiarelli, in onda il 3 Novembre nel 1929.

Sono gli anni del radiodramma, ma anche della cronache sportive, apprezzate da molte famiglie italiane. La radio richiedeva voci sempre più "particolari"e iniziava tra gli intellettuali a diffondersi l'idea secondo la quale un buon radiocronista dovesse essere dotato di sensibilità, intuizione, fantasia, ma soprattutto dizione.

L'arte del "ben parlare" sembrava necessaria per un mezzo la cui forza si esprimeva nella voce e per queste ragioni nel 1933 verrà istituito un Centro Radiofonico Sperimentale con lo scopo di preparare radiotecnici, radiocronisti, registi e annunciatori specializzati e soprattutto capaci di conquistare un pubblico troppo passivo, secondo il futurista Tommaso Marinetti che tanto influenzerà la radiofonia al suo stato iniziale.
Ricordiamo la nota voce di Nicolò Carosio, la cui prima diretta fu la radiocronaca sportiva di Italia - Germania il 1° Gennaio del 1933. Il suo linguaggio preciso e ricercato, ricco a volte di espressioni letterarie, tono pacato e timbro gradevole lo "consacrarono" al titolo di "cronista principe" permettendogli in seguito (1970) di approdare in Rai, nel calcio televisivo.
Sull'esempio di diverse esperienze straniere anche la chiesa troverà il suo momento religioso nella radio: dopo una forte ostilità iniziale numerosi predicatori passeranno davanti ai microfoni dell'Eiar. È il caso del padre francescano Vittorino Facchinetti che, per dieci anni fino al 1936, farà parte del gruppo delle voci più popolari e amate dalle persone (dalle quali riceveva ogni mese circa tremila lettere) per la sua capacità di comunicare in modo semplice e di arrivare a tutti, poveri ed emarginati. La trasmissione che in breve tempo moltiplicò la sua fama, "La gioia del pensiero francescano", presto gli darà la possibilità di essere riconosciuto da tutti come il "frate microfono".


Da quegli anni ad oggi infinite voci si sono alternate ai microfoni radiofonici. Tante cose sono cambiate, ma quel che resta immutato è quel "senso di forte familiarità" creato tra ascoltatori e conduttori e senza i quali i nostri giorni non sarebbero poi così gli stessi.

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